Onorevoli Colleghi! - La crisi del settore turistico-ricettivo italiano si è evidenziata negli ultimi anni con la preoccupante costante riduzione delle presenze alberghiere e la contrazione dei periodi di prenotazione da parte della clientela. Una delle cause principali è indubbiamente la scarsa concorrenzialità dei prezzi cui sono costretti gli operatori del settore, gravati da un'imposizione fiscale e parafiscale più gravosa rispetto a quella esercitata in altri Paesi.
Tra i diversi balzelli va ricordato il canone radiotelevisivo, la cui soppressione è oggetto da tempo di discussione in sede nazionale ed europea. Tale canone, che per il privato assomma a circa 99 euro annui, ai sensi, da ultimo, del decreto del Ministro delle comunicazioni 30 novembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 28 dicembre 2005, è quantificato da un massimo di circa 5.700 euro annui per gli alberghi di prestigio con più di 100 camere, a un minimo di 170 euro annui nelle strutture ricettive con un unico televisore.
Va ricordato che l'articolo 1 della legge 14 aprile 1975, n. 103, successivamente abrogato, stabiliva che la diffusione circolare di programmi radiofonici e televisivi costituiva, ai sensi dell'articolo 43 della Costituzione, «un servizio pubblico essenziale ed a carattere di preminente interesse generale, in quanto volta ad ampliare la partecipazione dei cittadini e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese in conformità ai princìpi sanciti dalla Costituzione. I medesimi princìpi sono stati ribaditi anche dalla recente disciplina dettata per il sistema radiotelevisivo dalla legge 3 maggio 2004, n. 112.